Il mondo della psicoterapia anglosassone è attualmente dominato da quelle che vengono chiamate ‘humanistic psychotherapies’. Il termine ‘umanistico’ generalmente si distanzia dalla psicoanalisi tradizionale per indicare un modo di lavorare più centrato sulla persona. Le psicoterapie umanistiche sono: la Gestalt, il Person-centred approach e l’Analisi Transazionale. In mezzo a questa sacra triade a volte s’aggiunge il quarto elemento della psicoterapia esistenziale. Il termine ‘esistenziale’ denota anch’esso una vasta gamma di orientamenti, che generalmente sottintendono un lavoro sul modo il cui esistiamo (come dice la parola stessa).
Lentamente la psicoterapia umanistica ha rimpiazzato la psicoanalisi come teoria dominante e main-stream. Diverse sono le scuole che integrano l'approccio Freudiano e Junghiano nella terapia umanistica, creando ulteriori astruse nomenclature. Tuttavia, secondo me, la psicoanalisi ci ha dato parecchia saggezza (per esempio l’object-relation e l’opus di Winnicott e Melanie Klein). Per tanto, mio avviso, la psicoanalisi dev’essere integrata e non può essere lasciata indietro.
La critica generale alla psicoterapia umanistica è quella d’essere naive e basata su un generico laissez-faire. Al contrario, la fiducia nel cliente e nella sua abilità di guidare la sessione, è uno spazio autentico e stimolante. La larghezza del ‘contenitore’ terapeutico, lascia la libertà al cliente di esplorare e realizzare il proprio intrinseco potenziale in autonomia. La dinamica esperto-paziente viene spezzata, in favore di una relazione di pari. Lo psicoterapeuta che offre genuinamente un approccio umanistico dovrà quindi essere aperto all’incertezza dell’esistenza umana; ma allo stesso tempo avere fiducia nel proprio cliente. Questa posizione, che può apparentemente sembrare contraddittoria, crea invece i presupposti per la maturazione della libertà dell’autodeterminazione. Lo sviluppo della persona scaturisce quindi da questa libertà offerta, che abilita l’individuo a fare le proprie scelte in autonomia. Sia lo psicoterapeuta che il cliente devono essere in grado di tollerare questo spazio aperto senza paura di cadere o perdersi.
La psicoterapia umanistica ha profondamente cambiato l’orizzonte delle terapie in Europa e in America, ma si sta già evolvendo mescolandosi con altri orientamenti. Quello che rimarrà come cambiamento fondamentale sarà, a mio avviso, il ribaltamento della dinamica di potere all’interno della coppia teraputa-cliente. L’opus Rogersiano e l’Analisi Transazionale vengono continuamente messi in discussione e revisionati, ma non è stato ancora pensato un approccio che possa sostituirvisi come antidoto alla commercializzazione della psicoterapia umanistica. Il mio parere è che qualcosa si sta muovendo, specialmente nella direzione dell’esistenzialismo. L’attenzione alla filosofia (per esempio l’etica Nietzschiana) apre nuove interessanti prospettive nel campo della psicoterapia umanistica. Mi sembra che i tempi siano maturi per abbandonare la terapia umanistica ormai ‘tradizionale’ e avventurarsi in territori più di confine, più insidiosi, che mescolino filosofia e poesia, perché si produca del nuovo.