Quando parliamo lo facciamo sempre per mezzo di un'astrazione. Le parole che usiamo non hanno significato intrinseco, se non quello che decidiamo di attribuire loro. L'esistenza dell’oggetto che descriviamo è indipendente dalla nostra abilità di descriverlo; ed è per questo che usiamo parole attribuendo loro un significato condiviso da altri. In questo modo, mediante l'astrazione, comunichiamo concetti anche molto complicati. Ma resta il fatto che diamo per scontato di sapere a cosa ci riferiamo e a cosa l'altra persona si riferisca. Questo è il caso della parola 'naturale', specialmente quando l'associamo ad eventi psicologici come i sentimenti e le emozioni.
Ogni sentimento ed emozione che fa parte della nostra esperienza è legittimo. Questo è un postulato imprescindibile per ogni psicoterapeuta degno di tale nome. Tuttavia il termine 'naturale' è spesso usato per legittimare certe emozioni a scapito di altre. 'Naturale': cosa vorrà mai dire? Tutto ciò che facciamo è naturale perché noi tutti siamo 'naturali'. Tuttavia, se per naturale si intende 'socialmente accettabile', certo, alcune emozioni e sentimenti meglio si addicono all'interazione sociale. Tuttavia ogni sentimento ed emozione è naturale, perché è stato percepito da esseri che appartengono alla natura. Il termine 'naturale' non può essere usato né in termini grammaticali né psicologici per discriminare.
Nell'odierno dibattito culturale, troppo spesso ci si riferisce impropriamente alla questione di cosa sia naturale. La parola viene distorta e abusata, ma in psicoterapia ogni sentimento di qualunque genere e forma non può che essere 'naturale' ed è la sua esistenza a legittimarlo. Il sentimento e l'emozione sono parti organiche dell'esperienza umana. Avendo allora avvalorato la loro auto-legittimazione, quello che possiamo considerare è solo l’attribuzione di significato a quello che fa parte della nostra esperienza. Questo perché l’esperienza precede la parola.